“É Assurdo ed incomprensibile!” tuona il leader di FEDITALIMPRESE Gianluca Micalizzi, a margine della decisione di alcuni deputati del PD, d’accordo con l’Unione europea, nel promuovere l’importazione a dazio zero di 35mila tonnellate di olio Made in Tunisia, che si aggiungeranno alle altre già precedentemente accordate. Parole forti, ma eloquenti quanto basta a spiegare la reazione della maggior parte dei produttori italiani, sfidati nel campo a loro più congeniale, l’olio extravergine italiano, da anni senza rivali in campo mondiale, per giunta in casa propria.
L’Italia ha davvero calato la testa alla commissione Europea? I dubbi non mancano e la sensazione è che ancora una volta il nostro Paese sia scaduto in una clamorosa gaffe nei confronti dei suoi cittadini, non solo appigliati alla vendita del prodotto con maggiore percentuale di esportazioni nel mondo, ma sicuri della qualità di un olio senza rivali in tutto il globo. A leggere, infatti, la preparazione del prodotto importato dal continente africano vengono quasi i brividi; trattamenti chimici, deodoranti per eliminare il tanfo di oliva andata a male dopo giorni sotto il sole o in grossi container, insomma non proprio un prodotto adatto alle nostre famiglie. Famiglie attirate, però, da prezzi sempre più al ribasso e noncuranti della minuscola etichetta mascherata da fittizie scritte di marchi italiani. Tutto ciò nell’anno in cui la produzione di olio extravergine italiano avrebbe dovuto subire un’impennata dopo il disastroso anno appena lasciatoci alle spalle; oltre il danno, la beffa.
“Vale davvero la pena afferma Gianluca Micalizzi presidente di Feditalimprese, sottostare a questi decreti “salva Tunisia”, “salva Siria” e chi più ne ha più ne metta? Se da un lato resta lodevole la volontà di soccorrere paesi martoriati dalla crisi e dalla continua avanzata del terrorismo islamico, dall’altro lo Stato ha il dovere di salvaguardare la salute e l’economia dei propri cittadini attraverso l’utilizzo di etichette più chiare e bene in vista al consumatore, che specifichino la provenienza del prodotto e la sua composizione”.
La situazione preoccupa non poco anche i produttori di altri beni alimentari Made in Italy, in vista dell’aumento di importazioni anche dalla Grecia e dalla Spagna, nonché dalla pericolante Siria, tutti paesi i cui prodotti possiedono un appeal certamente inferiore a quello nostrano, e che grazie alle maschere dei nostri marchi, avrebbero la possibilità di ottenere maggiori sbocchi commerciali. Tutto ciò a discapito non solo dell’offerente italiano, ma del compratore non più sicuro della genuinità del prodotto.
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